Leave a comment

Kurt Kobain
se non si fosse spappolato la zucca con un fucile
lo avrei visto bene friggere sulla sedia elettrica.
Sarebbe stata la morte sua.
Voglio essere giustiziato da una scossa a 220 volt,
ma restare vivo, poi riprovare con la 380,
e crepare sborrando con eiaculazione retrograda e cagandomi addosso.
Alberto Ferrari ha divorato Kobain, ha avuto il culo di nascere in sordina in un paese di asini, figlio di un produttore musicale, senza ritrovarsi attorno una vagina bionda vorace, senza pagare il dazio spermico della riproduzione e del marketing e senza esitare nel vivere e produrre arte nuova. Alberto, sei un poeta e un musicista e sei italiano. Europeo. Un miracolo da vomitare sulla cristallizzata arroganza americana e anglosassone. Dollari e sterline, ficcatevele in culo, please.

(Kurt, e non ti sembra d’avere rotto abbondantemente i coglioni?)

Posted August 25, 2007 by werewolf350 in minaccia del giorno, verdena

0 responses to “

Subscribe to comments with RSS.

  1. parlami di quest’alberto che spacca il culo ai passeri.

    *O

  2. Alberto Ferrari è il cantante dei Verdena, ascoltali e te ne parlerà lui. Ha tanto da dire. Mi piacciono anche il Led.

  3. i verdena ?
    carini.ma sai io sono rimasta ai tempi di doors patti smith e led zeppelin etc.

    scusami ma
    non c’e’ paragone ne’ a livello emozionale ne’ musicale

  4. be ci sono anche Cure, Joy Division, Nirvana, Placebo, P.J. Harvey, REM, Soundgarden, Doves, Travis, Starsailor, gli onesti Muse, Quens Of The Stone Age, e tanti altri gruppettini interessanti…

  5. ecerto.ma mica potevo scriverteli tutti no ?

    era per dire che questi gruppi italiani non valgono nemmeno un millesimo.

  6. i Verdena sono l’unico gruppo italiano che ha da dire, il resto non esiste, solo atteggiamenti scimmiottanti, tipo AfterHours e compagnia bella, il rock internazionale è indubbiamente la matrice, ma le evoluzioni sono contaminanti, ed interessanti, non posso continuare ad ascoltare Since i be loving you, senza pormi il problema del punk, del post punk del grunge, della lingua e della mia generazione

Leave a comment